Emanuele Bilancia Couture intervista

Intervista a cuore aperto a Emanuele Bilancia: “Racconto ciò di cui non ho mai parlato”

L’intervista esclusiva a cuore aperto a Emanuele Bilancia, designer e stilista di Emanuele Bilancia Couture. “La nuova collezione, l’emozione di tornare a Volturara, i miei sogni da bambino, lo sguardo di mia madre: racconto a Lovenozze ciò di cui non ho mai parlato”

Una conversazione intima e speciale fra abiti da sposa, vita vissuta e sogni. Abbiamo parlato di ispirazioni, di adolescenza, di regali di Natale. Ci siamo emozionati, abbiamo toccato l’anima di Emanuele. E lui ha sfiorato la nostra.

Come nasce la collezione Emanuele Bilancia Couture 2025?

La nuova collezione è ispirata a Franca Florio, la mia musa. Una donna che è stata capace di affascinare poeti, pittori e scrittori. Un concetto di femminilità diversa da quella attuale, meno esibita e più intellettuale. Ho associato la sua femminilità ad un’estetica tipicamente mediterranea, uno dei miei caratteri distintivi, e ho aggiunto un tocco glamour. Lo scintillio delle sue feste e dei suoi gioielli vive oggi negli abiti della mia collezione bridal 2025.

Quali elementi di solito ti ispirano nell’ideazione di una nuova collezione?

Ogni collezione è una storia a sé perché legata a momenti diversi della vita. È inevitabile che la vita vissuta influenzi le idee e le scelte creative. Grande motivo di ispirazione sono sicuramente i viaggi, perché nel viaggio assorbi vibrazioni, suggestioni, culture. E poi la lettura e la musica. Guardando tutte le mie collezioni, mi rendo conto che l’abito non è nient’altro che la raffigurazione tangibile di un mio sentimento, di un mio pensiero. L’abito è un mio pensiero trasformato in tessuto.

Anche se non si dovrebbe mai chiedere, qual è il tuo abito preferito dell’ultima collezione?

Non so se si possa parlare di un abito preferito, ma c’è… È come con i figli (io sono il prediletto di mamma, lo so, sono il primo).

Comunque il mio prediletto è l’abito che mi ha dato più filo da torcere: ha gonna ampia e un motivo di rombi e maioliche. Ho avuto il tessuto sul manichino per un mese, ogni giorno cercavo di realizzare qualcosa, ma non riuscivo a venirne a capo. Finché un giorno si è dipanata la matassa: ho iniziato a giocare con il tessuto che si presta a motivi origami e con le mani infilavo e spostavo spilli. Intanto parlavo con i miei collaboratori per risolvere un problema. All’improvviso ecco l’abito. Si è manifestato da solo. 

Io dico sempre che l’abito è già nel foglio, io disegno con la penna, non a matita, non cancello. Disegno con una bic nera, e non torno mai sui miei passi mentre disegno perchè l’abito è già lì nel foglio, io lo faccio solo uscire fuori. Spesso non ho idea di quello che sto facendo, assecondo il flusso della creatività.

Hai detto che per te la musica è importante. Quale musica associ a quell’abito?

La colonna sonora di Baaria di Morricone. Dalla mia infanzia sono molto legato alla musica di Morricone, “per colpa” di mio padre che mi faceva vedere i film di Sergio Leone e Tornatore. Morricone mi smuove, mi emoziona. E Baaria, film uscito tanti anni fa, è riapparso per caso l’anno scorso e ha scatenato in me un uragano interiore. Da lì è nato direttamente l’abito preferito.

Emanuele Bilancia: sogni e visioni per il futuro

Emanuele, quando hai capito che questa era la tua professione? Quando hai deciso di fare il couturier?

Io ho sempre saputo che avrei fatto questo nella mia vita. Non c’è un giorno della mia vita da che ho memoria in cui io non abbia pensato alla moda, ai vestiti, agli abiti.

Ci sono tanti episodi, avevo 5 anni, era il 1992, mia mamma aspettava il mio terzo fratello Davide. Era piena estate e si era fatta confezionare un vestito da una sarta in Puglia. La sarta ha riportato degli scampoli di tessuto. Io e mia nonna li abbiamo usati per realizzare un mini vestito. È mia nonna che mi ha insegnato a disegnare e realizzare abiti, ci sono dei quaderni datati 1990, quando avevo tre anni, con abiti disegnati da me.

Quando per la prima volta ho visto qualcosa di tridimensionale, fatto di tessuto e non solo su un disegno in modo bidimensionale, ho capito che potevo mettere alle mie bambole qualcosa che avevo disegnato io. Avevo solo 5 anni, ma io mi ricordo tutto di quel momento, di che colore fossero gli abiti, la fantasia. E’ il momento in cui ho capito che “si poteva fare”, che quello che disegnavo con la nonna non era solo una fantasia personale. Ciò che disegnavo poteva diventare tessuto, e questa scoperta per me fu un’epifania, si è aperto un mondo.

Mia nonna è venuta a mancare da un mese, tutto questo senso della bellezza me l’ha trasmesso lei, siamo stati tutti molto fortunati ad averla nella nostra vita. Con me poi è stata particolarmente presente e mi ha spronato sempre a coltivare le mie passioni e la mia sensibilità.

Questa estate sei tornato a Volturara, il tuo paese natale, perché anche il sindaco e la comunità hanno voluto rendere omaggio a ciò che tu sei stato in grado di realizzare. Ci racconti questa esperienza?

Sì, avrebbero potuto intitolarmi un giardino, però visto che sono ancora vivo hanno pensato di invitarmi a realizzare una sfilata (ride). Sdrammatizzo, perché è una cosa che mi smuove tanto, sono molto legato al mio paese d’origine, alla mia famiglia, agli amici. Lì ho realizzato la mia prima sfilata nel 2002, a 15 anni. Poi a 19 anni sono andato via per studiare e lavorare fuori. Tornare a Volturara su invito del sindaco per presentare la mia collezione di alta moda penso che sia una delle cose più belle che io abbia fatto nella mia vita.

Si avverte molta emozione nelle tue parole, quando parli di Volturara e della tua infanzia.

Sono molto grato per tutto quello che faccio, per gli incontri, per le persone, per quello che ricevo dal mio lavoro. Ma a Volturara non era lavoro. Ci sono andato con un carico emotivo molto forte, sono andato lì principalmente per la mia famiglia.

Perché la mia adolescenza a Volturara è stata difficile. Ero additato come quello diverso, perché facevo delle cose diverse, perché ero omossessuale. Io ho sofferto moltissimo di questa cosa, non ne ho fatto mai mistero.

So cosa significa avere 13 o 14 anni e pensare di dire basta perché non ce la fai a sopportare tutte le chiacchiere. Poi la vita ovviamente è cambiata, sono diventato adulto, mi sono sposato, è cambiato tutto. Però, tornare nella strada dove abbiamo realizzato la sfilata, la strada dove abitava mia nonna e dove con i miei cugini correvo, tornare lì in quel posto è stato un modo per dimostrare a tutti che io la mia strada l’ho fatta. Anche se ho avuto tante sofferenze, e anche se nessuno avrebbe mai scommesso un euro su di me.

Io la mia strada l’ho fatta, sono tornato a casa mia, con tutto l’onore, a testa alta. Non pensavo di ricevere quell’accoglienza, e l’ho fatto per la mia famiglia. La sguardo di mia madre quando sono passato a fine sfilata è stato impagabile: poteva esserci anche solo lei invece delle centinaia di persone presenti. Il suo sguardo, la sua presenza mi hanno ripagato di tutto.

Dalle tue parole emerge il ritratto di una famiglia speciale.

Mi ricordo una cosa meravigliosa: papà lavorava fuori perché da noi non c’era lavoro. E rientrava il venerdì sera. Io non mi svegliavo mai il sabato mattina senza trovare una barbie sul caminetto di casa. C’era una barbie per me, la macchinina per mio fratello Marco, la mia metà della mela perfetta, il fratello dei guai.

Gli zii, gli amici, facevano notare ai miei che non avrebbero dovuto comprare le bambole, perché era “da femmine”, ma i miei genitori se ne sono sempre fregati altamente.

La verità, a cuore aperto, è che mentre fuori casa ero quello diverso, a casa mia sono sempre stato Lele, sono stato sempre io. Ricordo ancora la Nouvelle Cuisine nel 1992, un pacco così grande che sotto l’albero di Natale non ci stava. E se oggi sono così libero mentalmente, è per persone come mia madre, mio padre, mia nonna paterna. Se sono così è solo merito loro.

Qual era il tuo sogno da bambino? E cosa sogni ora che sei adulto?

Quando ero bambino sognavo di fare il lavoro che faccio.

Oggi sogno di continuare a farlo, ma sogno più in grande, sono molto scaramantico quindi non ti dico tutto. Così come quando da piccolo ero consapevole che avrei fatto questo lavoro da grande, ora so che arriverà il momento in cui realizzerò il mio sogno da grande. Ti sembrerò presuntuoso, ma lo sento. Io lo so e sto seguendo il mio percorso.

L’ultima domanda. Nel tuo percorso da stilista, dall’abito da sposa stai evolvendo sempre più verso l’haute couture. Può essere il sogno sia un percorso di uno stilista che diventa sempre più couturier ed interprete di una certa idea di eleganza e moda?

Diciamo che sei una persona molto intuitiva.

Io non pensavo di fare abiti da sposa nella vita, mi ci sono ritrovato e lo faccio molto volentieri. Ho cominciato a fare haute couture parallelamente, perché ovviamente il mio desiderio più grande è quello. Mi sono perdutamente innamorato del mondo sposa, ho scoperto il piacere di contribuire alla felicità di una persona, comprare l’abito da sposa è felicità, è un qualcosa che va oltre ogni immaginazione. Però l’haute couture rimane per me il sogno più grande, quello che mi rende felice.

Si chiude così l’intervista a Emanuele Bilancia. Una conversazione che sicuramente va oltre il senso di Emanuele per la moda: è partita con la descrizione della sua nuova collezione ma poi è diventata flusso emozionale. Un fiume in piena che rompe gli argini dell’indifferenza e travolge, coinvolge, commuove. Un paio di volte abbiamo dovuto bloccare le riprese per fermarci, respirare, prendere fiato ed imparare in silenzio. Come spettatori di un film abbiamo vissuto la vita di provincia, il sentirsi diversi, la voglia di andare via, ma anche il desiderio di tornare e di restituire ai propri genitori l’amore ricevuto. Sotto forma di orgoglio d’appartenenza e di gratitudine infinita.

Ora potremmo aggiungere che gli abiti di Emanuele sono speciali perché non nascono da operazioni di marketing ed analisi di mercato. Perché sono espressione di talento e cuore. Ma vogliamo andare anche oltre il velo dell’abito da sposa. Perchè crediamo che certe storie vadano mostrate ai ragazzi nelle scuole, e alle loro famiglie. Serve fornire modelli positivi di sentimenti belli. È importante spiegare la potenza dell’amore di un genitore, mostrare il valore del coraggio di cercare la propria strada. Parlare di persone che nella loro normalità sono capaci di azioni straordinarie.

Storie bellissime che noi di Lovenozze siamo felici, ed anche un po’ orgogliosi, di raccogliere e raccontare.

Intervista emozionale di Lovenozze a cura di Antonio Marzano.

Credits:
Fotografia e video: Umberto Tumminia di Deziro Studio
Hair & Make-Up: MD Arte Make-Up
Progetto: Invitata con Stile con Giovanna Damonte
Un grazie speciale ad Atelier Scenari Sposa per l’ospitalità

Informazioni utili: 

Emanuele Bilancia
Sito Internet: www.emanuelebilanciacouture.com
Info | Appuntamenti | Area commerciale: info@emanuelebilanciacouture.it